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Abitare è un diritto e dobbiamo difenderlo

Quello che ci viene insegnato fin da piccoli è voler vivere in una casa dei sogni, con un grande giardino e tante stanze dove poter crescere i pargoli in sicurezza. Potrebbe esistere però persone che non vogliono avere una dimora fissa e che preferiscono avere camper o una roulotte in cui tenere lo stretto necessario per vivere dignitosamente; ci sono anche persone che non hanno una casa e quindi le occupano abusivamente. Forse penserete che se quelle case sono di proprietà e non è giusto che vengano rubate. Provate però a riflettere: abitare è un diritto, perché dobbiamo privarglielo? Quali soluzioni altre soluzioni posso avere queste persone?

Nuove prospettive

Le palafitte degli Dzao in Vietnam

Per riuscire a immedesimarsi in queste persone è utile cambiare prospettiva. Nel libro la casa vivente, dell’antropologo Andrea Staid, viene raccontata la sua esperienza a contatto con la minoranza Dzao che vive in Vietnam a duemila metri di altitudine. Quando l’antropologo ha mostrato loro le foto del suo appartamento e del suo palazzo a Milano, negli abitanti del villaggio si sono instaurati molti dubbi. Perché la porta è così spessa? Non ha paura di stare lì dentro? Cosa succederebbe se avesse bisogno di aiuto? Nessuno potrebbe entrare a dargli una mano! Anche la mancanza di spazi dove passare del tempo con i vicini li confondeva.

Abolizione della proprietà privata: i campi rom e sinti

In occidente siamo così abituati alla proprietà privata e così ossessionati che qualcuno ce la porti via che spesso non abbiamo rapporti nemmeno con chi ci abita di fianco. Nei dintorni di Milano e Pavia ci sono tuttavia comunità che vivono vite dignitose pur non avendo questa necessità di possedere una casa. Si tratta delle comunità rom e sinti che nel libro Abitare illegale vengono posti come esempio di campi regolari che vivono in modo molto diverso dal nostro.

In questi campi a differenza di quanto si possa supporre non si vive dentro casa, poichè la maggior parte delle attività sono all’aperto e le porte servono principalmente per non far entrare il caldo o il freddo. Nonostante le loro case siano spesso costruite con fatica e sacrifici non saranno mai vendute, possono solo essere lasciate o regalate.

La maggior parte delle persone che vivono in queste comunità sono cittadini italiani che non vivono in modo illegale, e sebbene le amministrazioni comunali abbiano riconosciuto questi campi, non sono comunque ben voluti: di loro si parla solo quando fa comodo, quando ci sono dei furti e quando si fanno indagini sulla microcriminalità. Per questo motivo le amministrazioni comunali, sia di destra che di sinistra, cercano di farli spostare o di mandarli a vivere in case popolari. Le case popolari purtroppo non ci sono nemmeno per chi ne fa richiesta, quindi la domanda sorge spontanea: perché dovrebbero viverci persone che non ci vogliono andare?

Occupare illegalmente: forma di protesta o necessità?

Conosciamo bene la situazione degli affitti a Milano, e riuscire a trovare una casa in affitto che non costi più dello stipendio mensile sembra una missione impossibile. Oltre che a vivere come Barbie campeggiatrice, però, c’è un altro modo per combattere questa battaglia che ormai va avanti da anni: l’occupazione abusiva.

Avvicinandoci di nuovo all’esperienza della Mojo Dojo Casa House, anche in Italia le persone si riuniscono per fondare delle associazioni illegali che gestiscono l’occupazione abusiva. Parliamo di palazzi che spesso sono sfitti da anni e all’interno si creano delle comunità che permettono di integrarsi attraverso molte attività, tra cui danzaterapia e corsi di Italiano per stranieri.

Per quanto questi spazi non vengano utilizzati, le amministrazioni comunali reclamano che vengano sgomberati. Gli occupanti non pagano le tasse e questo dovrebbe andare a scapito dei cittadini onesti, ma la realtà è che l’occupazione è sempre di locali sfitti su cui nessuno pagherebbe alcuna tassa, soprattutto considerando che gli associati non ne percepiscono redditi e le famiglie che vi risiedono sono povere. Questo è il motivo degli sgomberi di sedi come la Casa delle donne che negli anni è stata ospite non solo di lotte transfemministe ma anche di laboratori per l’inclusione.

E chi una casa non ce l’ha?

Un’altra categoria di persone a cui nessuno pensa mai sono quelli che una casa non ce l’hanno: parlo di quelli che vengono definiti i senza fissa dimora, clochard o con un velo più dispregiativo barboni. Negare il diritto di abitare porta alle conseguenze di cui parleremo tra poco.

Alcuni perbenisti che provengono direttamente dal mondo delle favole sostengono che se la sono cercata, che se avessero seguito la retta via avrebbero un tetto sulla testa ma sappiamo che non è così che funziona il mondo reale. La maggior parte delle persone che vivono per strada sono uomini che hanno avuto delle crisi famigliari o percepiscono una pensione così bassa da non permettergli di pagare un affitto. Molti di loro sono immigrati irregolari o a cui è scaduto il permesso di soggiorno ma non possono nemmeno tornare nel paese d’origine. Forse una parte di questi sono alcolizzati o drogati ma non è un buon motivo per lasciarli marcire, morire di stenti o scacciarli da dove sono perché danno fastidio.

Cosa comporta essere senza fissa dimora in Italia

Il problema è molto più grosso di quanto sembra, questo perché negare il diritto di abitare ha delle conseguenze su altri diritti fondamentali un cittadino Italiano può avere: non può lavorare regolarmente perché non può iscriversi al centro per l’impiego ne aprire una partita IVA, non può votare perché non è iscritto a nessuna circoscrizione elettorale, non può accedere alla sanità pubblica e non può avere il medico di base, non può ricevere nessun tipo di assistenza sociale e non può difendersi in tribunale nel caso di un processo civile o amministrativo.

Uno dei Crimini di Povertà: l’accattonaggio abusivo

Alcuni comuni stanno cercando di dare un domicilio anche a loro per risolvere questi problemi. Si tratta di inventare vie fittizie dove andare ad inserire il numero civico di tutte le persone senza fissa dimora della città. Un esempio è il comune di la Spezia che ha istituito la via dell’Amicizia, ma ce ne sono altre con nomi diverse in molte parti d’Italia.

Da vittime a criminali di povertà

E’ presente purtroppo anche il fenomeno inverso, e negli anni i governi sia di destra che di sinistra hanno istituito delle leggi contro i crimini di povertà, come la già citata occupazione abusiva delle case. Un’altra legge proposta dal centrosinistra ha istituito il daspo urbano, che permette di allontanare per quarantotto ore tutte quelle persone che disturbano il decoro pubblico.

Superamento della casa

Avere un abitazione è qualcosa di molto importante nella società di oggi, ma forse si potrebbe cercare di ridurre un po’ questo attaccamento al bene immobile. Ci sono anche altri modi di vivere serenamente tramite la condivisione degli spazi e non solo la chiusura verso l’esterno. In qualsiasi caso, l’abitazione è un punto di incontro e di confronto tra culture.

Sara Borzaghi

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