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Anoressia e DCA: quando la nostra mente è nostra nemica

Sarà la nostra società basata su immagini di corpi perfetti che imperversano sui social, sarà i ritmi frenetici della nostra vita a non permetterci di mangiare con regolarità e in maniera salutare o sarà anche colpa dello stress, l’ansia di risultare sempre perfetti a chiuderci lo stomaco. Sta di fatto che i Disturbi del Comportamento Alimentare (in sigla DCA, tra cui l’anoressia) coinvolge un numero sempre crescente della popolazione occidentale e l’età di manifestazione dei primi sintomi sta calando, cioè sempre più giovanissimi e pre-adolescenti iniziano a non mangiare o, al contrario, ad abbuffarsi in maniera incontrollata.

Bill ci insegna una cosa importante: le parole possono essere armi, se usate senza intelligenza

Disclaimer

Non sono un medico e questo articolo è stato scritto al fine di rendere più accessibili possibile le informazioni inerenti questa tematica. Sono una giovane insegnante in una scuola media e noto ogni giorno quanto i disturbi alimentari siano presenti già dai 12 – 13 anni, età durante la quale soprattutto le ragazze iniziano ad affrontare il cambiamento del proprio corpo e a confrontarsi con le coetanee, nonché con il mondo dei social. Proprio a loro penso mentre redigo questo articolo: se mai lo leggeranno, spero che pensino e capiscano quanto a cuore mi stia la loro salute, sia fisica che mentale.

Un disturbo dalle mille facce

La dismorfia è un disturbo mentale nel quale si trascorre molto tempo e si investe molta energia preoccupandosi del proprio aspetto e detestandolo sebbene sia normale.

Secondo l’enciclopedia Treccani, i DCA sono patologie legate alla sfera psicologica dell’individuo appartenente alla società occidentale. In queste aree del mondo la disponibilità di cibo è maggiore e gli individui sono, da un lato, bombardati da immagini di corpi scultorei e magri, dall’altro vivono un’agiatezza economica e socio-culturale che comporta anche stili di vita più sedentari rispetto al passato (ecco perché questi disturbi vengono definiti cultura-dipendenti). L’anoressia nervosa rientra dentro questo “termine cappello” (accanto al binge-eating e alla bulimia). Tra le cause d’insorgenza di questa condizione clinica si possono annoverare tendenze al perfezionismo, all’iper-controllo delle proprie emozioni e del proprio fisico, nonché un controllo maniacale del proprio peso e smodata attività fisica per bruciare le calorie “assunte” durante i pasti.

Anoressia o anoressia nervosa?

Da linguista, segnalo che la vocale /a/ all’inizio della parola è un prefisso di derivazione greca che significa “senza” (infatti ateo è colui che non crede in Dio). In particolare, anoressia significa senza appetito, ma, a livello clinico, è stato aggiunto l’aggettivo nervosa, in quanto possono esistere diverse cause di una possibile diminuzione di appetito. Ad esempio patologie come il cancro, l’appendicite o la comune gastroenterite, ma anche stress psicologico possono portare a limitare l’assunzione di cibo. Ciò che differenzia le suddette condizioni con l’anoressia nervosa è che le prime sono le cause della mancanza di appetito, mentre la seconda è un vero e proprio disturbo, come sostiene l’Istituto Superiore di Sanità, che nasce nella mente umana.  

Il controllo del peso e della circonferenza in vita sono campanelli d’allarme per un possibile disturbo del comportamento alimentare

Un fenomeno sempre più diffuso

Non mi soffermo sulle conseguenze fisiche dell’anoressia: potete accedere facilmente a RaiPlay e guardare Fame d’amore. Mi concentro di più sul dilagare del fenomeno tra i giovanissimi: secondo il quotidiano la Repubblica, a causa del Covid e della sovraesposizione dei giovanissimi ai social per passarsi il tempo, gli accessi ai centri specializzati in disturbi alimentari sono passati dal 30 al 50%. Sarebbero 3 milioni di italiani a soffrirne e, dato che non sorprende, ben 9 su 10 sono donne. Quello che più spaventa è l’abbassamento dell’età di insorgenza dei primi sintomi: nel 20% dei casi in giovani di età compresa tra gli 8 e i 12 anni, nel 50% in giovani tra i 15 e i 25 anni e solo nel 30% dei casi sopra i 25 anni.

Oltre ai DCA, durante la pandemia sono aumentati i disturbi legati all’ansia

L’amore conta

Ma c’è un’altra cura, spesso lunga e dolorosa, ma (quasi) gratuita e i cui risultati possono essere a lungo termine: l’amore. Con l’aiuto della psicoterapia, una buona dose di autoriflessione e tanto, ma tanto supporto di parenti e amici si può intraprendere la via per una guarigione più profonda. Quanto come il percorso nella struttura, anche quest’ultimo può risultare impervio, dove non mancheranno cadute e incomprensioni, momenti di fatica e dolore. Avete però presente quando siete arrivati alla fine di un trekking lungo e faticoso e vi state godendo il panorama? Ecco, quella è la sensazione di chi capisce finalmente di essere “arrivato” all’equilibrio interno. Quella stessa emozione è ancora più forte e più bella quando la salita è stata condivisa con persone alle quali si vuole bene. L’amore verso sé stessi nasce e cresce non solo dentro di noi, ma è anche costruita socialmente.

Licia Ballestrazzi

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