
Il mondo in cui viviamo è estremamente interconnesso. Ognuno condivide le proprie tradizioni e usanze con radici molto profonde, ci si confronta e studia a vicenda. Spesso si riesce a creare questo scambio tra culture differenti, senza che una sovrasti o annulli l’altra. Questo però non è sempre possibile: quando ad incontrarsi sono una cultura dominante e una cultura minoritaria, e la prima non rispetta la seconda, “rubandole” determinate tradizioni, allora si ricade nell’appropriazione.
Dai dread alle treccine, dalle tradizioni delle spose indiane al football americano, dall’hijab ai simboli cinesi: l’appropriazione culturale può toccare tutto e tutti, spesso anche inconsapevolmente.
Come si può celebrare una cultura senza appropriarsene?
Appropriazione culturale: cosa si intende?
L‘appropriazione culturale è un prendere in prestito disonesto. L’appropriazione culturale avviene dalla cultura dominante verso la cultura minoritaria. La cultura emarginata si vede spogliare delle proprie tradizioni e/o usanze senza riceverne un riconoscimento. Il tutto ricade nella banalizzazione: le persone appartenenti alla cultura dominante le usano in modo superficiale e spesso inopportuno.
La maggior parte delle volte, queste stesse tradizioni e usanze o simboli sradicate delle loro culture di appartenenza sono state oggetto di discriminazione, oppressione per quella popolazione.
Si parla di appropriazione anche tutte quelle volte che questo “prendere in prestito” ha come fine ultimo un guadagno, che non coinvolge le persone appartenenti a quella cultura, lucrando a loro discapito.

Quali sono le conseguenze?
Certo è che attraverso l’appropriazione non si raggiungerà una vera integrazione e inclusione di queste popolazioni minoritarie. Usare in modi e contesti differenti queste tradizioni, scegliendo solo ciò che piace, avrà come conseguenza una maggiore oppressione, seguita da un maggiore stigma e stereotipizzazione razzista di queste comunità.
C’è un totale cambiamento dell’interpretazione delle tradizioni prese in prestito indebitamente: non si trovano più nel contesto in cui dovrebbero essere, ma riadattate a tutt’altri usi e svuotate di conseguenza del loro significato.
Ma perchè succede?
Nella maggior parte dei casi si tratta di tendenze o si fa per questioni estetiche. Il gioiello/oggetto/tradizione in questione è accattivante, allora si usa e indossa come e quando piace. Alle volte però si è anche indotti a farlo: succede molto frequentemente nel mondo della moda, ma non solo. La tradizione “rubata” viene reinterpretata in funzione alla nostra cultura. Non si guarda più il suo reale significato.
Appropriazione e stereotipi

Si fanno spesso esempi in merito ai costumi di Halloween o di carnevale: una certa comunità viene vista, semplificata e riconosciuta come quel determinato costume. Viene letteralmente banalizzata, nascondendo una lieve nota di scherno, e si consolidano appunto pregiudizi e stereotipi.
Vi riporto qui due esempi tratti da instagram: questo carosello spiega come mai non si debbano più usare vestiti tipici della cultura hawaiana o danzatori Hula come costume. Il carosello spiega che, quando per questi stessi vestiti in passato si discriminava la popolazione, ma soprattutto erano proibiti nell’isola, altre persone hanno lucrato su questa debolezza diffondendo un’idea sbagliata ma soprattutto di superficialità di questi vestiti. Questo reel fa riflettere sulla scelta del costume, se offensivo oppure no.
Ci vuole consapevolezza
Qui troverete alcuni esempi di appropriazione culturale. L’appropriazione ha come elementi intrinseci una mancata consapevolezza, una scarsa sete di conoscenza e un pizzico di superficialità.
Si è persa la voglia di farsi domande. Non si ragiona su ciò che accade o abbiamo davanti, su ciò che ci viene detto. Si è persa la voglia di mettere tutto in dubbio e fare le proprie ricerche.
Trattandosi spesso di mode passeggere, queste stesse tradizioni ed usanze “prese in prestito” vengono usate per un breve periodo, diventando meri trend.
Sicuramente ci sarà chi dirà di fare quello che si vuole, che va benissimo e che non è offensivo. Ma ci sarà anche chi, in tutto ciò, non vede nulla di positivo o inclusivo.
Bisogna tenere a mente che spesso queste culture emarginate o minoritarie hanno vissuto razzismo o repressioni per queste tradizioni prese in prestito, che risultano tanto belle spogliate della loro essenza. La stessa tradizione, che tu appartenga oppure no a quella comunità, viene percepita in due modi completamente opposti.
Se una persona può permettersi di prendere e adottare tradizioni di altre culture senza essere discriminata e senza viverne lo stereotipo, allora è chiaramente in una posizione di privilegio.

Dietro all’appropriazione culturale si cela una piccola nota di incoerenza. Prima si additano e discriminano gli elementi quando usati nel loro contesto culturale di appartenenza e si hanno pregiudizi nei confronti delle persone appartenenti a quella cultura. Poi si usano con fierezza, perchè belli, a feste o eventi particolari come semplici gioielli e/o vestiti, come se non avessero una storia, una tradizione. Un esempio sono il bindu (qui potrete trovare i suoi diversi e profondi significati) o i gioielli indossati dalle spose nella tradizione indiana.

In america spesso le squadre sportive riprendono simboli, nomi o mascottes direttamente dalla cultura dei nativi americani. Gli stessi nativi che inizialmente reprimevano e perseguitavano. Ma non solo: dai simboli cinesi ai polinesiani fino ad arrivare a quelli celtici, tutti hanno subito un processo di svuotamento per via dell’aumento del loro uso nel mondo dei tatuaggi.
È appropriazione anche rinominare altre tradizioni (potete trovare qui il caso di Kim Kardashian), rendendole di tendenza.
Torniamo a riflettere
Non è sempre immediato distinguere appropriazione da celebrazione. Generalmente chi non riesce a comprendere questo concetto è perchè semplicemente non ha mai dovuto subire discriminazioni o ripercussioni per una stessa tradizione che il mondo vede come interessante, di moda, se estrapolata e modificata.

Bisogna tornare ad essere curiosi: farsi domande è un ottimo punto di partenza.
La possibilità di entrare in contatto diretto con le diverse culture non deve essere sprecata: non deve esserci spazio per pregiudizi e stereotipi, ma solo voglia di scoprire e farsi scoprire per come si è, rispettandosi. Infine, bisogna imparare ad accettarsi gli uni con gli altri in modo sincero, permettendo una reale apertura mentale.
Ancora una volta, una buona e sana informazione non farà altro che permettere sane occasioni di incontro.
Sperando di aver dato uno spunto per un’autocritica, continuate ad appassionarvi di tutto ciò che è diverso con senso critico!
Giulia Multineddu