
Quando si pensa al virus Covid-19 lo si associa subito alla pandemia, alla crisi economica e sociale che ha colpito il mondo, allo stravolgimento della vita, così come la conoscevamo.
Può sembrare strano ricollegarlo ai disturbi del comportamento alimentare.
Eppure….
Storie di adolescenti, cibo e Covid 19
Anna aveva 15 anni, quando è iniziata la pandemia. Era al primo anno di liceo; era entusiasta delle nuove amicizie e della nuova scuola. Nell’ultimo periodo Anna aveva avuto qualche problema con il suo corpo, ma in adolescenza si sa, si trasforma. Non si sentiva più brutta o più bella rispetto alle compagne, solo diversa. Così aveva cominciato a stare un po’ più attenta a quello che mangiava, alla frequenza dei pasti e aveva cominciato a fare sport. Tutto sommato si riteneva soddisfatta di sé.
Poi a marzo 2020 è stato annunciato il primo lockdown. Inizialmente Anna era contenta, con quel freddo non aveva voglia di svegliarsi ogni mattina per andare a scuola.
Col tempo ha realizzato che non andare a scuola voleva dire anche non vedere più i suoi amici, condividere con loro esperienze.
Fortuna i social, sì. Almeno con quelli ci si distrae un po’.
Anna ha cominciato ad avere tanto tempo per analizzare per bene i profili delle ragazze stupende che seguiva, e per scrutare meglio se stessa. Aveva sempre avuto quella pancia, e quelle gambe? Come poteva andare in giro mentre nel mondo esistevano le dee cui ogni giorno lasciava tantissimi cuoricini.
Il suo problema fondamentale era il peso; basta tagliare ancora di più sul cibo e incrementare l’esercizio fisico.
È marzo 2021. Anna ha 16 anni ed è al secondo anno di liceo. Trascorre la maggior parte del giorno sui social e davanti allo specchio. Le sue amiche non le vede da quest’estate. Poco male, dato che continuavano a dirle che era diventata troppo magra.
Lei invece si vede ancora troppo grassa. E poi, concentrarsi sul fisico almeno le evita di pensare che è al secondo anno di liceo, ma il liceo vero lo ha vissuto solo per 4 mesi e non sa neanche se metterà mai più piede in un’aula.
Quando è iniziata la pandemia Fabrizio era un diplomando, tra i più popolari della scuola, tra i più bravi. Aveva già programmato tutto: viaggio di fine anno, festa del diploma, test di ingresso e poi nuova vita in nuova città. Si sentiva incredibilmente vicino alla realizzazione dei suoi sogni.
A marzo 2020 in televisione hanno annunciato la chiusura delle scuole e la didattica a distanza.
Man mano che il lockdown veniva prolungato e le scuole restavano chiuse, Fabrizio sentiva crescere l’ansia. Sarebbe stato pronto per l’esame di Stato? Sarebbe riuscito a superare i test d’ammissione per entrare nell’università che aveva scelto. Con la vita sedentaria che conduceva poi era anche ingrassato. Ha sempre giocato a calcio perciò sapeva bene quale regime alimentare seguire per rimettersi in forma.
La dieta non lo preoccupava.
Di notte però non riusciva a dormire. Continuava a pensare all’impossibilità di fare programmi, gli sembrava di avere perso il controllo sulla sua vita.
La rabbia lo travolgeva e si ritrovava seduto davanti al frigorifero a mangiare. Non riusciva a smettere.
Fabrizio si è diplomato, con il massimo dei voti. Però il test per l’ingresso all’università non è andato bene, come temeva.
È marzo 2021, ancora Covid, ancora lockdown. Fabrizio non è ingrassato tanto. È riuscito a continuare ad allenarsi e mantenere un buon regime alimentare. Sono le notti in cui si arrabbia che lo turbano, quelle in cui gli sembra di perdere conoscenza, quando si ritrova a mangiare tanto da star male. E lo disgusta vomitare ogni volta quando si sente in colpa per il cibo ingerito. Questo per lui è inaccettabile, ma inevitabile.
Pandemia e aumento dei disturbi alimentari
Da quando ha avuto inizio la pandemia la frequenza del disturbo alimentare è aumentata del 30{3dd2bd5a22f99a55602ae14b4412ae2c0f6006ace112e0ec86ec9e87db2e765b}. Colpisce soprattutto gli adolescenti e si è abbassata l’età di insorgenza (10-12 anni). Tante sono state le persone che hanno avuto una ricaduta o un peggioramento di un quadro preesistente.
I mutamenti che la pandemia ha indotto negli stili di vita, nella routine quotidiana, l’isolamento forzato, la paura di un virus imprevedibile, hanno provocato disfunzioni a livello psicologico e somatico.
Confinamento in casa, possibilità di uscita limitate, impedimenti alla pratica sportiva, sedentarietà, mancanza di vita sociale, hanno comportato un aumento delle preoccupazioni, comprese quelle relative l’aumento di peso e la perdita di una buona forma fisica.
Ciò si aggiunge alla generale percezione di perdita del controllo. Non è possibile fare programmi, non si fa in tempo ad organizzare un week-end fuori dal comune di residenza, a prenotare il biglietto per tornare nella sede universitaria, che si rientra in zona rossa e tutto è bloccato, di nuovo.
Come spesso avviene, il corpo diventa una sorta di capro espiatorio, catalizzatore di ansia, rabbia e insoddisfazioni.
Il cambiamento è sempre stato fonte di paure ed angosce, in particolare se imposto e ingovernabile. Continuare a rifiutarlo, evitare di affrontarlo accanendosi sul corpo purtroppo non porta a nulla, se non ad un peggioramento dello stato psicosomatico.
Il corpo non dovrebbe essere punito perché si è trasformato ma premiato perché ha consentito la sopravvivenza.
Bisogna affrontare ciò che è avvenuto e che non cenna a fermarsi. Bisogna accogliere anche le emozioni negative. Cercare poi una nuova omeostasi, formulare un piano d’azione alla luce delle novità e adottare nuovi comportamenti. Accogliere il nuovo stile di vita e ristabilire l’equilibrio. Eventualmente ricorrere all’aiuto di professionisti, psicologi, terapeuti e nutrizionisti.
Oggi più che mai sappiano che non siamo solo il nostro corpo. Abbiamo più controllo sulla nostra mente, sul sapere, sulla conoscenza che sul peso.
Mi sono sempre chiesta perché nella società ci abbiano inculcato l’importanza del peso corporeo e non del peso culturale.
Visto che ci siamo, mettiamo in atto anche questo cambiamento?