
Sono gli anni ’60 ed è considerato inappropriato per le donne indossare i pantaloni. Al punto che la maggior parte di locali e ristoranti vieta alle donne in smoking l’ingresso. C’è chi considera lo smoking sulle donne inadeguato tanto quanto un costume da bagno.
Nel 1966 uno stilista, noto come l’enfant prodige, decide di osare, di eliminare questo ennesimo limite posto alle donne e di rendere “le smoking” un capo iper femminile. Genera clamore, dissensi, opposizione; ogni grande cambiamento, per quanto possa sembrare minimo, lo fa. Quello stilista aveva compreso che agli abiti sono legati a valori, simboli: lo smoking era sinonimo di “potere”, prerogativa quindi degli uomini. Se una donna lo avesse indossato si sarebbe appropriata di quell’attributo. E non era accettabile.
Con quel capo iconico l’enfant prodige permise alle donne di affermare eguaglianza, potere, assertività.
E’ così difficile abbattere degli stereotipi sull’educazione dei bambini?
Siamo nel 2020 e un uomo che indossa un vestito o una minigonna suscita lo stesso clamore e la stessa opposizione di quell’iconico smoking nel 1966. Viene deriso, schernito…ma che mondo è quello in cui un maschio indossa una gonna come le femmine? Al di là dei movimenti sociali, le lotte per l’eguaglianza e per abbattere le differenze tra uomo e donna, la realtà è che sia donne sia uomini hanno sempre dovuto combattere per abbattere limiti, pregiudizi, barriere, stereotipi di genere, per conquistare la libertà di potersi esprimere ed essere se stessi. E’ difficile far accettare un cambiamento quando si viene educati fin dalla più tenera infanzia secondo la legge degli stereotipi: se sei femmina vesti di rosa e giochi con le bambole altrimenti sei un maschiaccio, se sei maschio vesti di azzurro e non piangi altrimenti sei una femminuccia. Perché è difficile modificare uno schema mentale una volta che si è consolidato, ma non impossibile.
La cultura dell’uguaglianza si può, anzi si deve insegnare!
La soluzione è così visibile da passare inosservata. Consiste nell’educare all’eguaglianza fin dalla prima età, crescere i bambini insegnando loro la libertà di essere se stessi, di esprimere le loro emozioni e le loro tendenze, senza più sforzi di repressione e senza più depauperanti stereotipi. La si trova già tra le pagine di un libro per i bambini di seconda elementare [“Le avventure di Leo”, Raffaello scuola -ndr]in cui vengono descritti i diritti delle femmine e i diritti dei maschi.
Nella pagina dei diritti delle femmine si legge: le femmine, come i maschi, hanno il diritto di giocare con le biglie, le macchinine […]i videogiochi; il diritto di scegliere il mestiere che vogliono: camionista, astronauta, poliziotta, giudice, presidente della Repubblica [..]; il diritto di portare i capelli cortissimi, di urlare, difendersi, litigare, arrabbiarsi senza essere chiamate “maschiaccio”.
Nella pagina dei diritti dei maschi i bambini imparano che i maschi, come le femmine, hanno il diritto di piangere e di farsi coccolare; […] il diritto di giocare con le bambole, con le pentoline, a mamme e papà […]; il diritto di scegliere il lavoro che preferiscono: baby-sitter, maestro di scuola, ballerino, ostetrico, uomo delle pulizie; il diritto di essere un po’ timidi, spaventati, poco muscolosi e per niente attaccabrighe, senza essere chiamati “femminucce”.
Se questa educazione fosse stata impartita prima, magari le donne non avrebbero dovuto consumare tante energie e tempo per affermare i loro diritti, e gli uomini non avrebbero dovuto imparare a reprimere continuamente le loro emozioni e il loro essere più profondo. Ma forse siamo intervenuti in tempo e, se tutto va bene, la prossima sarà una generazione di uomini e donne liberi, energici, senza superflue barriere ideologiche ad ostacolare il progresso.