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Educazione alla Legalità: un progetto etico per la società

L’intervista all’Avvocato Paola Baratelli

Noi abbiamo intervistato Paola Baratelli, avvocato penalista che, da anni si occupa quasi esclusivamente di difendere minori che commettono reati e che, insieme ad altri, porta avanti questo progetto per l’Ordine degli Avvocati di Milano con il fine di avvicinare gli adolescenti al concetto di legalità come cultura sostenibile per una società più responsabile e civile.

 

Che cosa vuol dire difendere un minore?

L’obiettivo nei minori è sempre quello del recupero, di dare ai ragazzi una seconda possibilità. Quindi vuol dire attivare dei percorsi di supporto per portarli ad avere consapevolezza, puntando a fare in modo che gli errori commessi non vengano ripetuti. Non sempre ci si riesce, è vero, ma la speranza e la perseveranza in questo senso non vengono mai meno e quello che mi sento di dire è che in questa fase, per quanto il personale dei servizi deputati a questo grosso impegno di assistenza ai giovani sia in numero insufficiente e sottopagato, fa un lavoro egregio cercando sempre di trovare la situazione “giusta” adatta ad ogni ragazzo o ragazza, perché l’obiettivo è sempre quello di portarli ad agire nella piena legalità.

 

Il progetto “Educazione alla legalità”. Cos’è? 

E’ un progetto messo in pratica dall’Ordine degli Avvocati e dalle Istituzioni Scolastiche su richiesta del Ministero dell’Istruzione, nell’ottica di contribuire alla diffusione della cultura della legalità tra i giovani.

 

Come funziona?

Su richiesta delle scuole, generalmente su un tema specifico, vengono effettuati degli incontri, di solito uno o due, con i ragazzi dove il docente presenta gli aspetti critici e legali del tema (ad esempio femminicidio, cyberbullismo ecc…).

 

Come rispondono i ragazzi?

Ottimamente. Soprattutto perché tendo ad evitare il concetto di lezione frontale e, partendo da un questionario cartaceo (ora online vista l’impossibilità della presenza) dove rispondono ad una serie di domande, dapprima più generali e via via più specifiche, i ragazzi devono dire secondo loro se una situazione ed eventuali risposte ad essa siano legali o meno. Da qui nasce il coinvolgimento, la discussione, la valutazione, la spiegazione del perché hanno risposto in un modo piuttosto che in un altro. Uno degli scopi è quello di portare i ragazzi ad avere la capacità di argomentare la loro scelta perché è importante che sappiano esprimerne le motivazioni. A volte una decisione non “totalmente legale” ha dei motivi che, se ben espressi, possono dare un’ottica di visione differente.

In questo modo si sentono protagonisti, perché dopo aver rotto il ghiaccio iniziale, quando capiscono che non mi interessa fare una lezione frontale dove racconto cosa devono fare, si instaura un bellissimo rapporto dialettico e di scambio. Non si sentono, come spesso accade, davanti ad un adulto che è lì per dar loro delle regole, ma invece diventano soggetti attivi della comprensione e della gestione di queste regole partecipando alla loro messa in pratica. Bisogna sfatare il concetto che i ragazzi siano tutti degli “sciamannati” ai quali non importa nulla di nulla. A loro importa molto di più di quanto noi crediamo, anche nelle situazioni più critiche, spesso è il modo di avvicinarli, di ascoltarli e di renderli responsabili e partecipi che fa la differenza.

 

Ideatrice di un progetto più ampio: #nessunoescluso

Nessuno Escluso è un progetto un po’ più articolato. Nasce da una mia idea implementata poi da Paola Guerra direttrice della Scuola Internazionale di Etica e Sicurezza. 

L’idea è incentrata sulla legalità e giochi di ruolo intorno alla consapevolezza, arricchita con la competenza della collega in materia di sicurezza, analisi e gestione dei rischi, applicati ai giovani e alle situazioni in cui quotidianamente si possono trovare. Andiamo anche ad esplorare come possono gestire le emozioni in una situazione di pericolo in modo da educarli alla migliore reazione possibile, per portare i ragazzi ad una sensibilizzazione del vivere secondo un concetto di legalità e dare agli stessi gli strumenti critici e di gestione di situazioni che possono essere considerate difficili o di emergenza.

Quindi dopo un primo percorso dove i ragazzi vengono portati ad esprimersi sia verbalmente che per iscritto su una determinata situazione, c’è una parte di formazione, discussione e condivisione, per arrivare alla rappresentazione vera e propria di questi contesti, mettendoli in scena e cercando insieme di capirne la possibile gestione e risoluzione. Altre due cose che li coinvolgono molto sono la realizzazione di video della rappresentazione e lo stimolo a scrivere, descrivendo e creando delle storie, dei veri e propri racconti.

 

Quali ostacoli si incontrano?

Gli ostacoli più grossi che incontriamo sono nelle amministrazioni e istituzioni. #nessunoescluso non è un progetto istituzionale, pertanto ha necessità che le amministrazioni locali, o chi per esse, si attivino per promuovere e finanziare la sua realizzazione, bello sarebbe poter dire che tutta la comunità partecipa a finanziare e sostenere il progetto per i ragazzi delle scuole della comunità stessa. Ancora però si investe troppo poco nella formazione e prevenzione per i giovani, non ci si crede abbastanza e invece se vogliamo cambiare qualcosa si deve partire da lì.

 

Sogno nel cassetto riguardo al progetto?

Poter arrivare in tutte le scuole in tutta Italia e poter fare formazione non solo nei confronti dei ragazzi, ma anche degli insegnanti, delle famiglie, di chi con loro ha contatto, perché è una crescita che va costruita insieme.

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