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Campagne sociali

I social non sono tribunali: gli Unfluencer lanciano #èinsostenibile

Come sapete, grazie anche alla precedente campagna sociale, agli Unfluencer il tema “uso consapevole dei social” è molto caro. Questa nuova campagna continua nella stessa direzione della precedente: usare i social per lo scopo per cui sono nati e non trasformarli in arma digitale da usare a proprio piacimento!

La gogna mediatica, l’odio sui social #èinsostenibile

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La campagna #èinsostenibile, che durerà da giovedì 25 maggio fino a domenica 28, è tanto delicata quanto importante per diffondere un uso più consapevole e non violento dei social. Non si usano per diffondere e alimentare odio!

La libertà di parola e informazione

Partiamo da questo concetto fondamentale: “Posso dire ciò che voglio, la libertà di parola è un diritto”.

Verissimo: la libertà di espressione e informazione sono entrambe tutelate nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, all’articolo 11. Ognuno di noi è libero di esprimersi, dire la propria opinione, e lo stesso vale per i media, che possono avere diversi orientamenti, che bisogna rispettare. Anche il “Posso dire ciò che voglio” è vero, ma c’è un ma: si può dire ciò che si vuole, ma non imporre, non costringere l’altro ad accettare il proprio pensiero.

“La mia libertà si ferma dove inizia la tua”. Il tutto si fa nel totale rispetto dell’altro. Le offese, le ingiurie, le maledizioni non sono contemplate.

I social come gogna pubblica

I social svolgono una funzione importante: ci permettono di venire a conoscenza di cosa succede dall’altra parte del mondo, anche di fatti che altrimenti sarebbero rimasti nascosti, di vedere un lato del nostro paese dimenticato o di cui si parla poco, positivo o negativo che sia.

Le persone usano i social anche per denunciare e mostrare quanto di sbagliato stia accadendo in un determinato momento e posto.

Il problema è la gestione dell’indignazione rispetto ad un gesto sbagliato, ripreso e caricato sui social. Si può condannare il gesto ed esprimere il proprio dissenso, dissociarsi, senza oltrepassare quel limite sottile, commettendo un gesto altrettanto poco corretto.

Questa campagna sociale vuole evidenziare un comportamento che si sta diffondendo sempre di più sui social: per “educare”, gli utenti si accaniscono in modo quasi violento contro il/i protagonista/i del video o foto in questione.

Non è attraverso l’annientamento totale, svuotando l’altro perfino dell’anima, che lo si educa a comportarsi meglio, a non ripetere quanto fatto. Questo non è fare giustizia. Sui social non si può pensare di poter dare sentenze gratuite, di pancia, attaccando tutte le sfere personali della persona in questione.

La violenza attraverso le parole va condannata ugualmente e soprattutto non ha alcuno scopo educativo. Si educa in altri modi e sedi, si viene giudicati da chi di dovere e nei luoghi appositi. Non sui social, non così.

Un po’ in stile genitore che umilia pubblicamente il figlio per “insegnarli” come comportarsi. C’è incoerenza.

Se proviamo a pensare al video delle ragazze di Milano riprese durante il loro gesto razzista di qualche settimana fa, possiamo notare questo comportamento da parte degli utenti dei social nei loro confronti. Le ragazze hanno ricevuto una vera e propria esecuzione pubblica. Non possiamo fare doxting (a breve vediamo cos’è) e tanto meno imporre nei commenti, magari anche in gruppo, che datori di lavoro, università, amici e parenti e chi ne ha più ne metta prendano le decisioni che vogliamo noi. Le richieste di licenziamento, di espulsione e quant’altro nascondono una forte violenza: si vuole far vergognare e sottoporre le interessate ad una vera e propria gogna, magari prendendo di mira anche amici, parenti, conoscenti etc.

Non siamo giudici ed a giudicare ci pensa chi di competenza. Le altre decisioni, in base alla gravità del fatto, le prenderanno i diretti interessati, cercando di gestire al meglio la situazione.

Tutti facciamo cavolate e sarà sicuramente capitato a tutti di essere protagonisti di gesti o anche di aver detto una semplice frase razzista, magari anche involontariamente, sovrapensiero. Siamo solo stati fortunati a non esser stati ripresi e finiti su internet.

I social non si usano come scusa per accanirsi contro qualcuno, per dar sfogo alla voglia di far sprofondare nella vergogna l’altro e annientarla nella sua totale interezza.

Giusto per alimentare l’odio: cos’è il doxing

Il doxing è un’altra possibile forma di violenza che si può verificare in casi simili. Il doxing è quando si rendono pubbliche tutte quelle informazioni private di una persona. Ad esempio la via in cui abita, il luogo di lavoro o luoghi che frequenta, dove studia, i vari profili social, nomi di familiari, amici etc. Questo con il solo scopo di aumentare e scatenare ancora più odio, proprio per colpire direttamente il bersaglio. Questo gesto è tanto cattivo ed irrispettoso quanto il possibile gesto compiuto. Spesso nei commenti gli utenti taggano i profili social e riportano altre informazioni.

Nessuno ha il permesso di condividere informazioni così sensibili, in nessun caso.

I social non sono il patibolo di esecuzione

La gogna pubblica, questa spettacolarizzazione dell’esecuzione nuda e cruda alla portata di tutti, appartiene al Medioevo. Questo modo di punire pesantemente una persona per educare una comunità può restare nel medioevo, o a correnti di pensiero più violente, lontano dai social.

Questa era la funzione della gogna, un collare di ferro legato con una catena a un muro o a un palo che si metteva al collo dei condannati, esposti per ore all’ingresso dei paesi o nelle piazze principali, perché subissero l’onta della vergogna pubblica.

National Geographic

Le persone dovrebbero dissociarsi dal gesto compiuto, capire come poter intervenire educando davvero e cercando di far capire come mai sia sbagliato comportarsi così.

La persona verrà condannata da chi compete, e ricordiamoci che il gesto sbagliato resta e va condannato anch’esso, ma questo non è il modo adatto. Facciamo sapere e diffondiamo cosa succede nel mondo nel modo giusto, impariamo ad indignarci ed usare i social correttamente. Se vi trovate d’accordo usate anche voi l’hashtag #èinsostenibile!

Siamo liberi di esprimere il nostro dispiacere, rabbia e risentimento ma cerchiamo di non oltrepassare il limite, commettendo a nostra volta una cattiva azione!

Giulia Multineddu

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