
“Oh, quanto mi dispiace!” è la tipica espressione che viene detta quando si racconta di aver avuto un intervento. Ma oggi non voglio parlare di quanto sia brutto o doloroso vivere queste esperienze, tutt’altro. Siamo pur sempre a Natale, suvvia.
In questi giorni di ricovero (quasi venti) sono successe delle cose incredibili, che hanno sicuramente condizionato tutto il resto della mia vita. Ci sono stati momenti bui, nei quali dai miei occhi colavano le famose Rapide di Mahmood, o momenti in cui l’indice della mia pazienza segnalava l’allerta.
Per fortuna ho saputo rimboccarmi le maniche e mettere a fuoco i miei occhi su qualcos’altro: su tutto il buono che mi stava circondando. Ho saputo respirare e contare fino a dieci, ho saputo guardare negli occhi i medici (non che con queste mascherine potessi guardare molto altro) e cercare di capire ciò che mi dicevano. Sono riuscita a strappare un sorriso a tante persone sorridendo io stessa per prima. Se ci convinciamo che tutto andrà bene, allora forse sarà così.
La sfilata in barella
Salire sulla barella per andare in sala non è mai stato così divertente: ho sfilato salutando tutti i miei fans, entusiasti e contenti per l’arrivo del mio grande giorno. Una passerella che Regina Elisabetta levate proprio. Perché mi son detta, anziché sentirmi a disagio, creo anticipatamente una situazione divertente per me e per gli altri, magari sarà più facile. E anche stavolta, incredibilmente, ha funzionato.
Certo, è stato difficile sopportare anche tutte le compagne di stanza. Dalla sessantenne alla trentenne, tutte con i loro problemi, con i loro modi di fare, con i loro pregi e difetti. Ed è proprio a quei pregi che ho scelto di ancorarmi, fare dei loro sorrisi una risata comune; della loro invadenza una coalizione tattica, dei loro silenzi una pennichella e della loro logorrea un dialogo di sfogo.
La sfida più importante: essere forte
Questo, mi ha dato uno degli insegnamenti più grandi che potessi avere in questo particolare 2020: essere forte. Resistere, sfruttare ogni attimo e situazione per coltivare una qualità che ancora non sapevo di avere. Ho imparato a non scappare di fronte alle difficoltà, a prendere il buono da ogni cosa. Ho trovato il coraggio di essere me stessa in una situazione non convenzionale, a fare dei medici miei alleati, non miei nemici. E questo non è stato un vantaggio solo per me, ho provato a diffondere simpatia tra quelle facce corrucciate. Non capita tutti i giorni in ospedale di sentirsi dire “ci mancherai”. Che figata.
Come non capita nemmeno di festeggiare il giorno del tuo ventunesimo compleanno su un letto scomodo del reparto di ginecologia. Ma questo compleanno farà la storia, insieme al regalo più bello che potessi ricevere in un giorno così: un semplicissimo cornetto alla crema, regalatomi da uno degli specializzandi che mi è stato più vicino in quei giorni di inquietudine. Si raccoglie ciò che si semina.
Il messaggio di questo piccolo testamento noioso è questo quindi: cercare di sorridere, davanti ad ogni difficoltà, anche se sembra un’ingiustizia, che è così, ma possiamo trarne del bene.
Arriverà quel giorno, quel momento, quel secondo, in cui ci sentiremo persi, soli. E non posso negare che non arriverà. Ma se ho imparato io, ragazza insicura, testarda, diffidente e pessimista come Leopardi, possiamo riuscire tutti a rialzarci dalle nostre ceneri come una fenice.
Poesia e smancerie a parte, mettete su le cuffiette con la vostra musica preferita e sentitevi come Rocky Balboa sulle scale di Philadelphia: invincibili.
Diana Patanè