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Il silenzio di Sanremo sulla crisi della musica

Mentre Alexa suona “Zitti e buoni” dei Maneskin, vincitori della 71esimo Festival, mi vengono in mente delle riflessioni.

È appena terminata l’edizione più memorabile della storia di Sanremo, non certo per le sue performance, quanto per il contesto in cui si è svolta. È stata la prima edizione nella storia senza un pubblico, la prima andata in onda durante una pandemia mondiale. La prima, dopo un anno, di lockdown.

È stata anche la prima edizione in assoluto a svolgersi durante uno stop totale, che dura da mesi, di tutto il settore dello spettacolo live. 

Ci sarebbero un po’ di domande da farsi. Perché si è svolta lo stesso? Sì è vero, c’è lo stop, ma anche altri programmi vengono girati in questo periodo, perché Sanremo ha suscitato tutte queste polemiche?

Ma soprattutto: Perché nessuno ha parlato di ciò che sta accadendo?

 

Il silenzio del Festival sul problema della musica

Durante le cinque serate della kermesse infatti, non un accenno alla crisi del mondo artistico è stato fatto da chi ha avuto il privilegio di condurre il Festival. Privilegio sì, perché è vero che Sanremo è una macchina gigantesca che ha bisogno di tantissime mani per funzionare, ma quelle che sono in casa da mesi sono almeno il triplo. 

Durante le cinque serate sono stati pochissimi gli artisti che hanno dedicato uno spazio alla denuncia della situazione, ed in tutti i casi erano in scaletta almeno all’una di notte, orario in cui la gran parte del pubblico è già andato a dormire. Un dettaglio che denota maggiormente la marginalità lasciata all’argomento. 

 

Ci saremmo forse annoiati se ogni sera avessero iniziato dedicando qualche minuto a parlarne? D’altronde sarebbe stato il minimo dovuto.

Come dicevo sono stati pochi i concorrenti a farne cenno, qualcuno in più alcuni ospiti, vediamo quali sono.

 

Gli artisti che hanno scelto di fare voce alla crisi

Primi tra tutti Lo Stato Sociale, che nella terza serata, quella dedicata alle cover, hanno scelto di farsi accompagnare sul palco dai lavoratori dello spettacolo e di elencare alcune delle migliaia di attività che hanno dovuto chiudere, temporaneamente o definitivamente, a causa del covid. Un momento da brividi che ha emozionato anche gli scettici. Un’esibizione, certo studiata, che ha risuonato chiaro e forte e si è conclusa con la standing-ovation dell’orchestra.

 

Poi ci sono stati i Negramaro che ne hanno parlato molto brevemente dopo la loro esibizione come ospiti. Un saluto più che una vera menzione, ma d’altronde non spettava a loro farlo.

 

Alessandra Amoroso e Matilde Gioli poi, che hanno montato un pezzo ad hoc portando sul palco una piccola parte dello staff di Sanremo in rappresentanza di tutto il settore, e per ringraziarli hanno mostrato un video in cui molti artisti facevano un applauso ai tecnici, tanto importanti, anzi fondamentali, per il sostegno di questo business. Iniziativa commuovente che per la prima volta ha portato le luci dietro le quinte.

 

Maneskin che nell’ultima serata hanno regalato i loro fiori al direttore d’orchestra che li ha accompagnati, per omaggiare tutti i musicisti che hanno lavorato al Festival e quelli che purtroppo sono fermi da mesi. Gesto simbolico ma comunque molto importante.

 

Achille Lauro, che alla fine dei suoi cinque quadri ha ricordato la drammatica situazione. Anche qui un breve momento, che avrebbe potuto di certo avere più spazio per un ospite d’onore.

 

Fedez e Francesca Michielin che hanno girato il video del loro inedito al Teatro degli Arcimboldi ed al Teatro Gerolamo di Milano, scrivendo in sovraimpressione i dati delle produzioni che di solito ospitano e le differenze con quest’ultimo anno. Dati d’impatto, che si spiegano da soli.

I più infine, si sono limitati ad indossare una spilla in segno di solidarietà, raffigurante i simboli di play e pausa dal significato “i diritti sono uno spettacolo, non mettiamoli in pausa”. Meravigliosa iniziativa di cui non avremmo nemmeno saputo l’esistenza se non per alcune stories fatte sui social da pochi cantanti in gara.

 

Sciorinato questo breve (purtroppo) elenco di menzioni possiamo giungere alle nostre riflessioni.

Se un anno fa il Festival della canzone italiana ha significato l’ultimo momento di spettacolo puro prima di uno stop che sembra non finire mai, ci auguriamo che quest’anno segni almeno una meritata rinascita. 

Si può però andare avanti senza consapevolezza? 

Possiamo continuare ad ignorare i problemi reali che la pandemia ha creato per moltissimi settori? 

 

Sanremo poteva fare qualcosa, poteva cambiare qualcosa, o almeno poteva urlare più forte per tutti noi, darci una grande voce, eppure ha scelto di non ascoltare un silenzio che urla da un anno.

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