
Marzo è stato un mese pieno di avvenimenti, ma uno dei primi è stato, di certo, il polverone sollevato dalla questione “Sirenetta”

La Disney, infatti, ormai da diverso tempo, si sta cimentando nella realizzazione di trasposizione in live action dei classici d’animazione più famosi della casa di Topolino. Alcuni andati, a mio parere a buon fine, come ad esempio Aladdin, altri, invece, toppando miseramente, come il Re Leone.

Il prossimo in lista sarà, per l’appunto, “La Sirenetta” e il trailer completo, uscito il 13 marzo 2023, ha fatto molto discutere. Ariel, la protagonista della pellicola, sarà infatti di carnagione scura, qualcosa di inconcepibile perché la sirenetta è sempre stata “bianca”, o almeno così dicono i sostenitori della purezza del cartone, indignati dall’accaduto.
Oggi allora vorrei andare a ripercorrere, brevemente, la nascita della storia che, nel 1989, la Walt Disney Pictures per creare il suo ventottesimo classico, per vedere se davvero la storia non ha mai subito variazioni.
Tutto ha inizio a cavallo tra il XV e il XVI secolo.

Un medico e alchimista svizzero, tale Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, detto Paracelso, scrisse della sua visione della composizione della materia del mondo. Il suo è un trattato molto difficile, del quale non parleremo qui, ma la cosa che ci interessa è che Paracelso menziona degli spiriti della natura responsabili delle trasformazioni e dei cambiamenti del mondo.
Una tipologia di questi spiriti sono le ondine. Esse sono esseri simili a fate con la coda di pesce e prive di anima fino a che non sposano un uomo e non danno alla luce un figlio.
Tale caratteristica le ha fatte entrare di diritto nel folklore europeo, soprattutto quello romantico dell’ ‘800.
Un esempio degno di nota è sicuramente “Undine”, racconto romantico del 1811, scritto da Friedrich de la Motte Fouqué, e un altro, forse ancora più importante è “Den Lille Havfrue” ovvero “La Sirenetta” di Hans Christian Andersen, del 1837.
Senza girarci troppo attorno il racconto di Andersen è molto diverso dalla trasposizione Disney.

Ariel, che nella fiaba di Andersen non ha un nome, ha diverse sorelle nel racconto del XIX secolo, in più ci si concentra molto sulla sofferenza fisica della sirenetta e anche su una caratteristica totalmente omessa dalla Disney: la sirenetta non ha un’anima.
Di conseguenza la protagonista non può accedere al paradiso e, se non si sposa con il bel principe, si dissolverà in piccole particelle di aria e spuma di mare, ciò che avviene effettivamente alla fine del racconto.
“La Sirenetta” di Andersen è un racconto triste, ma anche fortemente autobiografico.
Nel 1836, un anno prima dell’uscita del racconto, un amico dello scrittore danese si sposò non sapendo che lo stesso Andersen era innamorato di lui. Ecco che la distanza tra due mondi diversi e l’amore impossibile che leggiamo tra le righe della sua fiaba ci racconta tutto il suo dolore e la sua sofferenza per questa situazione, elemento portante di tutta la storia.

Insomma “La Sirenetta” è stata modificata nel corso del tempo, continuamente, in base al gusto e alla situazione storica in cui si era immersi. È successo con Andersen prima, con il film d’animazione poi e oggi con il live action. Non c’è da stupirsi, alla fine la storia narra di due mondi diversi e del tentativo di unirli, anche se qualcuno, ancora oggi, si oppone a tutto questo.