

Mike Bongiorno è ormai entrato di diritto nella storia italiana per essere stato uno dei volti di maggior spicco della televisione del nostro Paese.
Attraversò la storia della TV a tutto tondo dal primo e unico canale nazione fino alla nascita del duopolio televisivo con Rai e Fininvest di Berlusconi, l’odierna Mediaset.
Oggi però vorrei soffermarmi su uno dei suoi programmi di maggior successo, “lascia o raddoppia”, simbolo della cosiddetta paleotelevisione.
Ma che cos’è la Paleotelevisione?

Con questo termine s’intende una televisione antica, soppiantata da una televisione nuova, la neotelevisione appunto, differente per stili e modelli, nata a partire dagli anni ‘80. Lascia e Raddoppia racconta una TV primitiva che esemplifica come venisse intesa una trasmissione tra gli anni ‘50 e ‘60 dello scorso secolo.
Era, fondamentalmente, un quiz. I vari concorrenti portavano un argomento a loro scelta, ma che non dovevano essere dei professionisti nel tema su cui avrebbero ricevuto domande sempre più difficili. Molto semplice, certo, e allora…
Cosa lo rese così speciale?

Uno dei motivi fu proprio il suo presentatore, Mike Bongiorno, giovane italo-americano con un piccolo passato radiofonico. La cosa che rendeva speciale Mike era, paradossalmente, il suo essere non speciale. Egli era caratterizzato, usando le parole di Umberto Eco nella sua “Fenomenologia di Mike Bongiorno” (1969), da una “grigia normalità”. Mike era un uomo qualunque, semplice e concreto, nel quale chiunque poteva rispecchiarsi.
La vera particolarità stava nel concorrente, diverso puntata per puntata: si puntava alla memorabilità. L’eccezionalità e la stranezza dei concorrenti serviva per un vero e proprio capovolgimento degli stereotipi sociali.
Un esempio è stato sicuramente il pastore Filippo Bacciu, che rispondeva a domande sulla letteratura italiana. Oppure potremmo citare “Miss globuli rossi” Maria Luisa Garoppo: una tabaccaia dalle idee progressiste che rispondeva a quesiti sul teatro greco.
Questi personaggi erano stravaganti proprio in relazione alla normalità del presentatore Mike Bongiorno. La norma che la democrazia cristiana voleva far passare a tutti i costi.
La paleotelevisione aveva come obiettivo l’esportazione della cultura

Era un Italia che si stava ancora formando sotto l’aspetto linguistico e culturale. Pensiamo solo al fatto che le pubblicità erano inserite nel “Carosello” nel quale i vari brand dovevano ingegnarsi per creare dei piccoli sketch e solo una volta concluso inserire il consiglio per l’acquisto. Un altro esempio calzante potrebbe essere la trasmissione “non è mai troppo tardi”, condotta dal “maestro” Manzi, in onda negli anni ’60, con vere e proprie lezioni nel televisore.
Ecco che con la neotelevisione, neologismo creato sempre da Umberto Eco, questo concetto si perde a favore di valori quasi opposti. I programmi diventano un contenitore di numerosissime cose e non esiste più una norma, un “everyman” come lo era il Mike degli anni ‘50, ma tutti devono essere qualcuno diverso da tutto e da tutti.
La televisione italiana, nei suoi settant’anni di storia, è cambiata, come è ovvio che accadesse e forse ora si è arrivati a una convivenza stretta, ma necessaria tra i valori della paleo e neotelevisione. Sta a noi decidere cosa guardare e cosa sostenere, sia nella televisione che sui social perché a volte la norma, nonostante la sua normalità, è bella, e altre volte nemmeno esiste.