
Considerereste accettabile picchiare il vostro partner perché si è comportato male? Ovviamente no, trattandosi di violenza domestica. Picchiereste un estraneo per lo stesso motivo? Ne dubito fortemente, dato che costituirebbe un’aggressione perseguibile penalmente. E immagino che la risposta non cambierebbe se, nelle domande precedenti sostituissimo i termini “partner” ed “estraneo” con “amico”, “fratello”, “sorella”, “madre” o “padre”. E se invece i protagonisti di questo scenario diventassero un figlio ed uno dei propri genitori? Improvvisamente, per molti, quello che in tutte le situazioni elencate sopra verrebbe considerato come un gesto di violenza e abuso, diventerebbe un “gesto educativo“, facente parte di una categoria di “metodi educativi” ben precisi. Cosa rende accettabile per così tante persone che un genitore colpisca un bambino?

Nelle ultime settimane ho notato che su Facebook ha riscosso successo (sia in positivo che in negativo) un post che elogia “i metodi educativi vecchia scuola”. Quelli del che ti insegnavano il rispetto delle regole, che “due schiaffi non hanno mai fatto male a nessuno”, anzi, erano proprio quelli ad insegnarti la vera educazione! E andava tutto bene, finché non sono arrivati tutti questi psicologi a dirci che no, picchiare i figli non va bene. Ed ora, per colpa loro, ci troviamo di fronte ad una generazione di maleducati irrispettosi. Ma è davvero così?
Giovani maleducati come non mai ed altre creature di fantasia
“Oggi il padre teme i figli. I figli si credono uguali al padre e non hanno né rispetto né stima per i genitori. Il professore ha paura degli allievi, gli allievi insultano i professori.”
Una citazione attuale e al passo coi tempi? Forse, ma se vi dicessi che è stata estratta da un’opera di Platone risalente a quasi quattro secoli avanti Cristo? Ci sono tante costanti che si ripetono nel tempo. Una di queste è che le generazioni più vecchie sono sempre convinte che i giovani siano costantemente un passo indietro rispetto a loro in quanto educazione, intelligenza e capacità di stare al mondo (qualsiasi cosa questo voglia dire). Peccato che questo bias non rifletta in alcun modo la realtà. Ad esempio, secondo un recente studio pubblicato su Social Science & Medicine , i nati tra il 2003 e il 2014 sono meno inclini all’abuso di alcol e droghe rispetto alla generazione dei propri genitori. Parliamoci chiaro, non sto certamente affermando che quella di oggi sia una generazione di santi. Dobbiamo però riconoscere che probabilmente, quando entrano in atto questi conflitti generazionali, il giudizio di una delle due parti è facilmente affetta da un piccolo bias.
Ma facciamo finta che non sia così e fingiamo che in effetti i giovani di oggi siano più inclini alla maleducazione e comportamenti devianti. Siamo sicuri che ciò sia dovuto alla mancanza dell’uso dei “metodi educativi vecchia scuola”??
Perché i genitori picchiano i figli?
Stando ai dati raccolti da Unicef, nel mondo circa 3 bambini su 4 ricevono un’educazione violenta dai loro caregiver. Le cosiddette “punizioni corporali” sono vietate in circa 52 Paesi, ma l’Italia non è tra questi. I “metodi educativi” in questione godono ancora di un certo supporto, che col tempo sta però diminuendo. Save the Children ha promosso una campagna, “A Mani Ferme“, che si impegna a contrastare qualsiasi forma di punizione fisica verso i minori ed ha raccolto alcuni interessanti dati a riguardo. Per quasi il 57% dei genitori, dare uno schiaffo una volta ogni tanto non reca alcun male al figlio e, per il 26% di essi, addirittura può avere un effetto benefico. è interessante però notare come, tra le motivazioni che spingono allo schiaffo, spicchi l’esasperazione per ben il 45% degli intervistati. Non la necessità di far capire che si ha sbagliato, non la necessità di far comprendere al figlio l’errore, bensì la rabbia del momento.
Ancora sicuri che chi alza le mani sui propri figli lo faccia per educarli?

Le conseguenze di un semplice schiaffo
Ad oggi, disponiamo di una quantità di informazioni abbastanza ingente per confermare con certezza che no, gli schiaffi non sono educativi in alcun modo. Anzi, tutto il contrario. Riassumiamo in due punti.
- Per prima cosa, esiste una correlazione molto forte tra punizioni corporali ed aggressività del bambino, rendendolo più propenso a prendere parte ad episodi di bullismo. Questo avviene perché il bambino manca degli strumenti necessari a capire le motivazioni profonde che spingono un genitore ad alzare le mani. L’insegnamento che ne trarrà è che i comportamenti sbagliati (o che non ci piacciono) si risolvono con la violenza. Inoltre, gli adulti che, da piccoli, hanno ricevuto un’educazione autoritaria, con conseguenti punizioni fisiche, risultano più soggetti a disturbi psichiatrici, abuso di sostanze e comportamenti antisociali.
- Altre ricerche rivelano invece che alzare costantemente le mani su un bambino non solo danneggia la sua crescita psicologica, ma addirittura nuocerebbe allo sviluppo cognitivo e dell’intelligenza. La prima reazione che innesca uno schiaffo è infatti la paura. L’unico motivo per il quale vostro figlio, dopo aver preso una sberla, non ripeterà più lo stesso sbaglio (cosa abbastanza rara) è semplicemente per paura. Non avrà realmente capito quale è stato l’errore commesso e perché sia sbagliato farlo. Abituarlo a questo meccanismo basato esclusivamente sulla paura lo renderà un adulto con poca empatia e con numerose difficoltà capire la differenza tra giusto e sbagliato. Tutto ciò è continuamente provato anche dal punto di vista fisiologico. Secondo un recente studio, il cervello dei bambini che durante l’infanzia hanno subito numerose punizioni corporali, presenta una riduzione di volume sia nelle aree legate alle performance cognitive che a quelle relative alla gestione delle emozioni.
Chiariamo una cosa: nessuno sta affermando che una valida alternativa agli schiaffi sia la piena permissività. Probabilmente la differenza la fa il comprendere che “punire” ed “educare” non sempre vanno bene nella stessa frase. Ma soprattutto, che essere autorevoli non combacia con l’essere autoritari.
“Eh signora mia, ai miei tempi…”
“Eh guardate che se noi non ci comportavamo bene, una volta i nostri genitori ci tiravano uno schiaffo e noi muti! Imparavamo la lezione. Anzi, se ci azzardavamo a ribattere ne prendevamo altri due! E siamo sopravvissuti lo stesso, e non siamo nemmeno venuti su male!” Vi vedo come alzate gli occhi al cielo. E vi capisco. Curiosamente, questa è la stessa frase che sento pronunciare a quelle persone che, con i propri genitori, non è che abbiamo un rapporto propriamente roseo. Sono gli stessi che, al pranzo di famiglia della domenica, ricordano “scherzosamente” alla madre di quella volta che gliele ha date per un motivo futile quando aveva 8 anni. E mentre lei cerca di buttarla “altrettanto scherzosamente” sul ridere per districarsi dalla situazione, facendo notare a tutti che alla fine però il figlio “è venuto su bene”, tra i presenti scende quel velo di imbarazzo che tentano inutilmente di mascherare con risatine forzate.
Ed è in quel momento che pensi alla zia invadente che ogni volta ti chiede “ma quindi la fidanzatina?” e ti rendi conto che, in fondo, un po’ ti manca.
Alessia Tavars