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Parlare in corsivo: quando i boomer non capiscono i giovani

Ormai si legge ovunque: parlare in corsivo è la nuova moda che ha scatenato i media di tutta Italia. C’è solo un problema: siamo davvero sicuri di tratti di un fenomeno nuovo?

Video sul corsivo di agosto 2021

Per chi utilizza TikTok da qualche anno, si sa che la risposta è no. Non c’è assolutamente nessuna novità nel parlare in corsivo. Basta una breve ricerca sul social per dimostrarlo. Senza impegnarmi troppo, ho trovato post risalenti al 2020 e al 2021 che mostrano la parlata tanto chiacchierata in questo periodo.

Video sul corsivo di ottobre 2021

“Sì ma è insopportabile sentir parlare in corsivo”, “Ma cos’hanno nella testa questi giovani”, “Dove andremo a finire?”

Sono solo alcune delle frasi che si leggono sotto gli altisonanti articoli che cercano di esplicare, maldestramente, che cosa sia questo modo di parlare corsivo. In realtà, significa semplicemente usare un’intonazione canzonatoria con le vocali strascicate (forse ispirate alla cadenza milanese), indicate nello scritto con segni diacritici tipo “oddioe amïö ma siamo noei”. Si caratterizza per la prosodia marcata, ovvero questo continuare a scendere e a salire di intonazione. La voce viene acutizzata e nasalizzata. Le vocali sono mediamente più lunghe. Si dice “parlare in corsivo” con un chiaro riferimento alla scrittura corsiva, in cui tutte le lettere sono unite tra loro e ricche di ghirigori: allo stesso modo chi parla corsivo utilizza l’allungamento vocalico per simulare questi tratti nel parlato.

Ma quindi è vero che i giovani parlano così?

No, i giovani utilizzano sui social questo tipo di cadenza prevalentemente per fare parodie o per enfatizzare concetti da loro ritenuti snob. Chi usa il corsivo sui social lo fa con intento ironico, per fare un’imitazione o più semplicemente per ridere con gli amici. Ovviamente qualcuno che si è espresso in corsivo nella vita reale deve essere esistito, se no non ci sarebbe stato motivo di creare un trend ironico di questa portata.

Video sul corsivo di settembre 2020

“Ma il corsivo non fa ridere”

Sì, l’umorismo cambia e non sempre si riesce a stare al passo con le nuove generazioni e soprattutto si diventa, spesso inconsapevolmente, bersagli umoristici. TikTok è un social network nuovo, che permette di saggiare davvero gli usi linguistici giovanili (e in particolare quelli della Generazione Z): basti infatti pensare che circa il 40% degli utenti ha tra i 16 e i 24 anni.
Basti pensare a come vengono recepite le emoji dalla generazione Z: in generale le emoticon sono utilizzate in maniera ironica (l’emoji che piange e l’emoji del teschio indicano la risata, ad esempio), inoltre alcune di esse hanno significati ancora più specifici, come mettere l’emoticon di un cappellino da baseball, o scrivere cap, alla fine della frase per indicare che si è sarcastici. Usare le faccine in modo tradizionale è considerato cringe e da boomer.

Ogni generazione ha i suoi stili comunicativi

L’uso di una varietà di comunicazione specifica tra i giovani risponde innanzitutto a una ricerca identitaria, finalizzata a segnare l’appartenenza al gruppo e a delimitare il gruppo verso l’esterno, ma ha anche una valenza ludica, che si realizza attraverso l’alterazione e l’ibridazione dei materiali linguistici che entrano a far parte della varietà, anche per ridicolizzare gli usi linguistici fatti dalle generazioni precedenti. Quindi non c’è da prendersela. Crescere significa accettare che si sarà sempre il boomer per qualcun altro.

Veronica Repetti
About author

Laureata in Lettere e in scienze linguistiche, attualmente frequenta il corso di laurea in Logopedia. Vuole essere il collegamento tra questa materia così specialistica e la realtà di ognuno di noi. Con lei ti accorgi che non bisognerebbe mai dare le parole per scontato.
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