
É capitato a tutti almeno una volta nella vita di chiedersi cosa siano quegli strani puntini che si trovano sotto ai pulsanti dell’ascensore. Si tratta del codice braille, un sistema di lettura e scrittura creato per persone non vedenti e ipovedenti, basato su combinazioni di punti in rilievo che si leggono scorrendovi sopra con i polpastrelli. Sebbene questo sistema abbia circa duecento anni, ad oggi costituisce il metodo di lettura più efficace per le persone affette da disabilità visive. Ecco 6 curiosità a riguardo.

1. Come è nato il codice braille
In un tempo non troppo remoto veniva dato per scontato che i non vedenti non avrebbero mai potuto imparare a leggere. I tentativi di riprodurre l’alfabeto dei vedenti su carta, in rilievo, si rivelarono perlopiù fallimentari e si pensava che alle persone cieche la cultura potesse essere trasmessa solo per via orale. Un giovane francese di nome Louis Braille la pensava diversamente. Cieco dall’età di tre anni, il giovane Louis si rese conto del vasto mondo di idee che gli era precluso a causa della sua cecità. Ispirato dal racconto di un militare che gli descrisse un codice che utilizza punti in rilievo per veicolare messaggi, Braille dedicò anni della propria vita all’ideazione di questo metodo di lettura e scrittura che ancora oggi porta il suo nome. Presentò questo sistema ai suoi compagni nel 1824 ed ottenne immediatamente un grande successo.
2. Come funziona il codice braille
Ogni singolo carattere alfabetico è ottenuto dalla combinazione di sei punti disposti in due colonne e tre righe, che formano la cosiddetta “cella di Braille”. A seconda della collocazione e del numero di punti in rilievo, si ottiene un carattere diverso. Con il tempo furono introdotti anche codifiche per indicare caratteri speciali, i segni di interpunzione ed i numeri. Per leggere il braille vengono utilizzate entrambe le mani: la destra legge la fine di una riga, mentre la sinistra anticipa la lettura della seguente.

3. Ma il braille è una lingua?

La risposta a questa domanda è già stata anticipata più volte nei paragrafi precedenti, ma rispondiamo con chiarezza: no, il braille non è una lingua. È un sistema di scrittura, un insieme di simboli tattili: ognuno di questi ha una perfetta corrispondenza con una delle 26 lettere dell’alfabeto latino. Esistono ovviamente degli adattamenti che sono stati sviluppati in seguito per permettere a questo sistema di essere riproducibile anche nelle lingue che presentano sistemi di scrittura sostanzialmente diversi da quello latino (come il greco o il giapponese). Ad oggi, esistono codici braille standardizzati per ben 133 lingue.
4. Il braille sul pentagramma
Torniamo per un momento al nostro Louis. Sin da giovane, Braille mostrò di avere un grande orecchio per la musica e questo lo portò ad affermarsi come violoncellista ed organista. Questa passione lo spinse a rimaneggiare il codice alfabetico che aveva creato per poter adattare la lettura e la scrittura del pentagramma musicale per persone non-vedenti. Ebbene sì, esiste un codice Braille anche per la musica. Sono certa che gli amici del conservatorio lo apprezzeranno.
5. Imparare il codice braille con i Lego: è possibile
Se siete interessati ad imparare il codice braille, ma l’idea di mettervi a studiare vi annoia, sappiate che esiste un’iniziativa che fa al caso vostro. Nel 2019 la LEGO Foundation, in collaborazione con il Royal National Institute of Blind People, ha lanciato un progetto prevede la distribuzione gratuita in tutto il mondo di uno speciale kit LEGO ideato per insegnare il braille ai bambini. Ogni kit contiene oltre 300 Lego Braille Bricks che comprendono l’intero alfabeto della lingua scelta, i numeri da 0-9, i simboli matematici e i segni di punteggiatura. Certo, è un’iniziativa pensata per scuole e bambini, ma siamo pronti a scommettere che tra i fruitori potrebbe esserci qualche adulto interessato ad aggiungere un pezzo particolare alla propria collezione di LEGO.

6. Qualche possibile alternativa
Il braille è il codice più utilizzato dalle persone non vedenti ed ipovedenti, ma non è certamente l’unico. Esistono infatti alcune alternative che sono state studiate per venire incontro alle necessità di chi, per un motivo o per un altro, non può o non riesce ad imparare il braille. Ad esempio, di recente è stato riproposto il Moon, un sistema ideato dal medico inglese William Moon nel 1845. I caratteri di questo codice sono costituiti da linee e curve in rilievo, che vengono ruotate o riflesse per creare le 26 lettere dell’alfabeto. Data la forte somiglianza con l’equivalente cartaceo, Moon è ritenuto adatto per coloro che perdono la vista in età adulta e che, solitamente, hanno difficoltà nell’imparare il braille. Un’altra valida alternativa per chi non nasce già con una disabilità visiva è il codice ELIA, sviluppato di recente e basato su una rielaborazione dell’alfabeto latino standard.
Alessia Tavars