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Spingere i follower a compiere buone azioni: gli Unfluencer lanciano #NonSoloParole

In occasione della Giornata nazionale della Gentilezza (16 aprile) vogliamo parlarvi dell’utilità sociale delle buone azioni e di come diffonderle senza strumentalizzarle.

Se seguite almeno uno degli Unfluencer o fate parte del gruppo Telegram (se non è così: MALE!, recuperate immediatamente) avrete sicuramente sentito parlare di questa bellissima iniziativa.

Si chiama Non solo parole (con l’hashtag #NonSoloParole), ed è una campagna sociale che vuole incentivare le persone a compiere una buona azione perché è la cosa giusta da fare e non per farsi vedere. Ma cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta…

Cosa sono le buone azioni?

Le buone azioni sono tutti quegli atti di gentilezza che aiutano un’altra persona a stare meglio. E, in un certo senso, fanno stare meglio anche noi.

Aiutare una vecchietta ad attraversare la strada è letteralmente il prototipo di buona azione

Grandi uomini e grandi donne del passato hanno visto nelle buone azioni il mezzo per raggiungere la felicità.

Socrate diceva che un volta conosciuto il bene non si può non farlo. Madre Teresa diceva che una buona azione è come una goccia d’acqua nel mare: potrà anche non vedersi ma il mare sa di avere una goccia in più.

Perfino un musone come Leopardi, parlando dell’infelictà degli uomini, scrisse nella sua penultima poesia (La Ginestra):

e quell’orror che primo / contra l’empia natura / strinse i mortali in social catena

La social catena non è altro che la solidarietà tra le persone, l’unica cosa che può salvarci da questo mondo che ci è indifferente. Cambiamo l’accento ma restiamo in tema di social e chiediamoci…

Si può diffondere il bene delle buone azioni utilizzando i social?

I social possono essere un mezzo potentissimo per ispirare le persone. In un vecchio articolo vi avevamo raccontato di un uomo che ha deciso di diventare un donatore d’organi dopo aver letto una storia di una ragazza.

Bill non vi chiede di fare altrettanto (ma se foste interessati, sappiate che potete firmare il consenso al rinnovo della carta d’identità). Vi chiede solo di usare i social come mezzo di comunicazione e non palcoscenico delle vostre buone azioni.

Vi sarà sicuramente capitato di vedere dei video in cui persone tutte sorridenti compiono una buona azione guardando più in camera che alla persona che effettivamente stanno aiutando. Anche nei video meno recitati, molto spesso lo scopo è farci sorridere e mettere mi piace o anche solo farci pensare “ma che bravi che sono”.

Questi tipi di contenuto sfruttano l’empatia del pubblico, approfittandosi di una situazione difficile. Un qualcosa di molto simile accade nella cosiddetta pornografia del dolore.

Ma che cos’è la pornografia del dolore?

Come suggerisce il nome, si tratta di una spettacolizzazione di vicende dolorose che utilizza dettagli non fondamentali alla narrazione (a volte anche intimi e privati) per incuriosire i lettori.

Ora che ve l’ho spiegato sono sicura che vi sia venuto in mente almeno un esempio. Molte persone hanno rivolto quest’accusa anche nei confronti della serie tv di Netflix Dahmer (se vi foste persi la discussione, recuperatela dal nostro articolo), ma secondo me si tratta di una situazione ben diversa.

Un conto è raccontare una storia controversa senza partire dal presupposto che esistono solo buoni o cattivi. Un altro è raccontare una vicenda senza sensibilità e rispetto solo per aumentare le probabilità di essere letti.

Il cervello umano, d’altronde, è sempre alla ricerca di cattive notizie. Come quando le cerchiamo su Internet anche se sappiamo che ci faranno stare male, la cosidetta pratica del doomscrolling.

E che cos’è il doomscrolling?

Un’abitudine che è andata peggiorando dopo la pandemia: la ricerca compulsiva di notizie fatta anche tramite i social. In particolare vengono cercate le cattive notizie, creando così un vortice di malumore che può portare fino alla depressione.

Titoli catastrofistici, immagini con gente triste… tutto viene usato per sollecitare la lettura di chi sente l’impulso a leggere cattive notizie. Così come i grandi sorrisi e le musichette sentimentali vengono usate nei video dei buon samaritani per invogliare la condivisone.

Ma quindi ciò che vediamo su Internet è un inganno?

Ovviamente no, ma bisogna sempre chiedersi quali sono le intenzioni di chi sta dall’altra parte dello schermo. E l’intenzione degli Unflunecer è quella di diffondere un po’ di bene, rimandendo fedeli al principio che li ha sempre guidati (che poi è quello che potete leggere nel loro “manifesto”):

utilizzare il web in modo costruttivo e consapevole

Perciò se volete dare il vostro contributo condividete questo articolo e utilizzate l’hastag #nonsoloparole. Bill vi ringrazia con un buffetto affettuoso.

Nicole Maestroni

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