
Il caso riguarda un’opera del museo Hecht, all’università di Haifa in Israele, “Nudo con cappello”. Quest’opera, comprata nel 1983 dal fondatore del museo, era già stata oggetto di attenzioni in quanto sul retro c’è un altro ritratto. Nel 2010 poi, il curatore del museo aveva visto che dietro al colletto della seconda figura si intravedeva un altro schizzo. Solo quest’anno l’immagine è stata messa a fuoco e la scoperta è sorprendente…
La radiografia ha portato alla luce il fatto che, sotto alla tela, c’erano altri due nuovi schizzi di Modigliani, ovvero dei ritratti invisibili a occhio nudo.
La tela, dopo queste scoperte, è stata definita un vero e proprio “quaderno di schizzi su tela” che mostra la ricerca continua di Modì, che sembra non volesse mai accontentarsi del lavoro svolto.

Ma come mai questo riutilizzo continuo della tela?
Amedeo Modigliani nel 1908 si trovava a Parigi, agli inizi della sua carriera. E in quel periodo l’artista, poco conosciuto, aveva difficoltà a trovare acquirenti per le opere e quindi è molto probabile che questa tela sia stata riutilizzata più volte per esigenze di risparmio.
Inna Bertkowits, la storica dell’arte che ha compiuto gli studi sul quadro, ha affermato che non c’è alcun dubbio che l’opera provenga dal pennello dell’artista livornese.
Ma non era già successo trent’anni fa che si trovassero nuovi schizzi di Modigliani?

La beffa più famosa della storia dell’arte italiana
1984 Livorno. Tutto il mondo dell’arte ha gli occhi fissi su un canale. La leggenda vuole che l’autore livornese Amedeo Modigliani abbia gettato lì quattro sculture di cui non era contento: i giorni di ricerca si susseguono, ma non si trova nulla. Tant’è che il giornale satirico il Vernacoliere titola “Trovata una sega!”.
Poi, l’ottavo giorno, il miracolo. Si ritrovano le sculture, che rappresentano quattro teste, i più grandi critici vanno in visibilio per questa scoperta incredibile. Vengono chiamati i più grandi critici d’arte d’allora, come Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi, e tutti sono concordi nell’attribuire le teste a Modì.
Quaranta giorni dopo questa incredibile scoperta si fanno avanti tre ragazzi: Michele Ghelarducci, Pietro Luridiana e Pierfrancesco Ferrucci. Questi tre studenti universitari, in un’intervista a Panorama, decidono di confessare la loro goliardata: “visto che non trovavano niente, abbiamo deciso noi di fargli una sorpresa”.
Morale della favola? Le teste finte hanno ingannato tutto il mondo dell’arte.