
Una pandemia che ci ha chiusi in casa per mesi, le tensioni continue politiche, i cambiamenti climatici, le sempre crescenti difficoltà ad inserirsi in un contesto lavorativo sano… non sorprende che i disturbi dell’ansia siano diventati uno dei mali che più affligge le nuove generazioni (e non solo). Pare inoltre esista anche una forte correlazione tra uso dei social ed aumento dell’ansia. Questo certamente non aiuta i più giovani, per i quali questi sono parte integrante della vita di tutti i giorni. C’è però chi ha deciso di sfruttare questi mezzi per portare un po’ di conforto a chi convive con la difficile realtà dei disturbi dell’ansia. Oggi Bill vi porta a conoscere Alessandro, noto come l’Ansiologo di Tik Tok ed Instagram.
Partiamo dal principio: chi è Alessandro e come è diventato l’Ansiologo.
Alessandro è una persona come tante altre, con una vita privata e professionale ben avviata, che un giorno ha deciso di condividere con il mondo una parte del proprio vissuto. Il vissuto in questione è legato a quella che è stata la mia esperienza con i disturbi connessi allo spettro dell’ansia. Ho constatato che chi si ritrova ad affrontare questo genere di difficoltà spesso ha bisogno di una piccola “carezza” esterna, di quella comprensione che non coincide con la pacca sulla spalla data da un amico o al parere di un professionista, ma di una semplice esperienza condivisa. Ecco, il mio intento è quello di dare arrivare quanto più possibile a tutte quelle persone che cercano proprio quella carezza. Non è semplice trovarla, purtroppo le intorno alle problematiche dei disturbi dell’ansia aleggia ancora un forte stigma.

Puoi specificare brevemente ai nostri lettori cosa s’intende per “disturbi dell’ansia”?
Il termine “disturbi d’ansia” indica uno spettro di stati mentali caratterizzati da forte apprensione, paura ed inquietudine patologica. Mi soffermo su quest’ultima parola: si tratta di una patologia, di un disturbo vero e proprio, che si manifesta anche con diversi sintomi fisici.
Prima hai parlato dello stigma legato a questi disturbi: è ancora così presente nel mondo di oggi? In cosa lo riscontri?
Abbiamo sicuramente fatto parecchi passi avanti: oggi c’è certamente maggiore consapevolezza, specialmente da parte delle nuove generazioni. La mia percezione è che se ne parli sempre più liberamente! Viviamo però nella società della performance: purtroppo rimane latente quello stigma legato alla paura di rimanere soli, di non essere al passo con gli altri, di risultare “malati”. Questo è un grandissimo scoglio da superare per le persone con qualsiasi disturbo di carattere psicologico, che restano bloccate nella paura di non poter esprimersi.
Tu sei una di quelle persone che ha superato la paura di esporsi, dato che ne parli apertamente sui social. Posso chiederti che tipo di riscontri hai avuto?
Devo dire che ho ricevuto decisamente più compenso positivo che negativo! Tante persone mi hanno scritto per dirmi che hanno trovato conforto nei miei video e che vi hanno trovato consigli utili per affrontare il proprio disturbo d’ansia. I riscontri negativi riguardano perlopiù il fatto che non sono una figura professionale (ma come ho già spiegato, il mio intento è ben lontano dallo spacciarmi per tale). Altre volte, specialmente su Tik Tok, tra i commenti noto con dispiacere anche tanta disinformazione sull’argomento.
Che tipo di disinformazione? Puoi farci qualche esempio?
Si passa dal classico “ma sì, basta non pensarci”, al “prendi i Fiori di Bach, vedrai che quelli ti curano”. Si deve lavorare ancora tanto per far capire che purtroppo i processi di guarigione richiedono tanto, tantissimo tempo. Molti non lo accettano e preferiscono affidarsi a chi propone loro la “pillola magica”, che risolverà tutto miracolosamente da un momento all’altro.
Cosa ti ha aiutato ad affrontare il tuo disturbo d’ansia e ad alleviarne così efficacemente i sintomi?
Molto banalmente: la consapevolezza di voler stare bene. Ho intrapreso un percorso psicoterapeutico, che mi è stato molto di aiuto, ma ammetto che molti risultati li ho ottenuti soprattutto facendo un lungo e graduale lavoro di autoanalisi. Al tempo trovai molto utile appuntarmi per iscritto, in un quadernino che ancora custodisco gelosamente, quelli che erano i miei traguardi, ma anche (e soprattutto) tutto ciò che non funzionava in termini di miglioramento. Vedere le cose nero su bianco mi aiutava a prendere maggior consapevolezza di me e dei meccanismi mentali che alimentavano il disturbo: affrontali poi è stato più facile.

Per chiudere, hai qualche dritta da dare ai nostri lettori che vorrebbero, ma magari non trovano il coraggio di affrontare un malessere psicologico?
Come ho detto, io ho trovato nella scrittura un ottimo mezzo per mettere a fuoco determinate parti di me stesso che prima faticavo a vedere. Consiglio anche la lettura di alcuni libri che parlano di esperienze dirette di chi, con determinate patologie, ci ha avuto a che fare in prima persona. Faccio un paio di nomi: “La trappola della felicità” di Russ Harris e “At Last a Life” di Paul David. Spesso, prima di poter vedere sé stessi, può essere d’aiuto riconoscersi nell’esperienza altrui. Detto ciò, non abbiate paura di conoscere meglio certe parti di voi.
Alessia Tavars